L’elleboro è una piccola pianta perenne, rizomatosa, che ha un pregio che poche altre hanno: fiorisce d’inverno.

 

In giardino si propaga fino a creare una bella bordura; ma anche in vaso, sul terrazzo, ci regala, nonostante il freddo, una fioritura che dura almeno da novembre a marzo. La pianta cresce bene anche d’estate, ma vuole “i piedi all’ombra”.

I petali, da bianchi, leggermente screziati di rosa-lilla nella varietà più comune, acquistano col tempo sfumature verdi.

Dipingere questi fiori così resistenti e nello stesso tempo gentili mi ha dato molte soddisfazioni. Come pure le foglie, resistenti, di un bel verde cupo, lucide, forti ma di forma elegante, con i lobi profondamente incisi.

Nel linguaggio dei fiori l’elleboro significa “liberazione dall’angoscia”, forse per il potere rilassante e tranquillante delle tisane fatte con le sue foglie e le sue radici. Ma io preferisco accostarlo alla donna capricorno, perché no, con la sua forza, la sua autonomia, ma nel contempo con la sua calda femminilità.

Meglio non dimenticare comunque la tossicità presente soprattutto nelle foglie e nelle radici.

Mentre mi documentavo sulla pianta, al fine di conoscerla meglio e di percepire la sua essenza, ho letto una leggenda carina.

Pare che la pianta dell’elleboro crescesse accanto alla mangiatoia in cui nacque Gesù (vabbè, non a Gerusalemme forse); una bambina molto povera voleva fare visita a Gesù, ma non sapeva che cosa portare in dono. Ed ecco che un angelo vedendola si commosse e, scuotendo le vesti dalla neve che si era posata, fece nascere queste rose candide che la bimba raccolse ed offrì.

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