Preraffaelliti

Scrivo queste righe quando la mostra di Milano dedicata ai Preraffaelliti intitolata “Amore e desiderio” si è conclusa ormai da tempo, mentre riordino le fotografie e ne rivivo le emozioni. Avevo studiato i Preraffaelliti, ma non ero mai riuscita ad ammirarne dal vero i capolavori.
Hanno un fascino che viene definito di “modernità medioevale”, due termini in contraddizione, ma che rendono bene l’idea.
Questo movimento nacque in Inghilterra a metà ottocento da sette studenti della Royal Accademy che rifiutavano l’arte accademica e lo stile dei Raffaelliti, i seguaci di Raffaello. Il loro intento era tornare ai temi e agli stili dell’arte medioevale, unendovi la rappresentazione della natura e della realtà così come si presentano.
Riunitisi in confraternita, scelsero il nome “Preraffaelliti” proprio perché ritenevano che l’arte da Raffaello in poi aveva acquisito caratteri troppo pomposi e virtuosistici, allontanandosi dalla verità e dalla natura.

Un soggetto cavalleresco: La tomba di Re Artù

Avevano come obiettivo quindi il ritorno al colore puro, alle linee di contorno ben definite, come si ritrova nella pittura medioevale, e alle tematiche della pittura prerinascimentale. Ecco quindi la celebrazione dell’amore romantico, di quello sofferto, tradito, ma anche di temi religiosi. Le storie appassionate che rappresentavano e il loro sorprendente naturalismo li fece apprezzare in Gran Bretagna e non solo.

Tra le varie storie rappresentate, “Claudio e Isabella” del 1850 di William Hunt e “Amore d’aprile”, del 1855/56 di Arthur Hughes. Nel primo, si vede il dramma di Isabella che dovrà sacrificare il suo credo per salvare la vita del fratello; nel secondo, la tristezza della fine di un amore nato da poco. Molti simbolismi permettono di decifrare i messaggi.

I dipinti provengono dalla Tate Britain di Londra. Sono esposti i numerosi schizzi che precedevano la realizzazione dei dipinti, le biografie degli autori, le opere più rappresentative del Movimento. Ogni dipinto era preceduto da un attento studio, i personaggi rappresentati venivano osservati a lungo, instaurando così un’intima partecipazione alla loro storia, alla ricerca di un fedele realismo.

Una scena religiosa: Gesù che lava i piedi a Pietro

Il dipinto che più desideravo vedere, e che è pure il più amato, è “Ofelia” di John Everett Millais del 1894, ispirato alla nota tragedia di Shakespeare.
Sopraffatta dal dolore perché Amleto la rifiuta, Ofelia cade in un torrente ed annega.
L’autore dipinse il luogo e la natura, foglia per foglia, con straordinaria meticolosità, direttamente sul luogo. La modella fu dipinta vestita da sposa, immersa veramente per lungo tempo nell’acqua di una vasca; pare che come conseguenza si ammalò pure.

Ofelia di Millet

Ci sono poi le donne, meravigliosamente ritratte, come “Aurelia” di Dante Gabriel Rossetti, del 1863/73. La modella viene ritratta da una distanza ravvicinata. in un contesto privato, mentre si fa le trecce; ma il suo sguardo va lontano; persa nei suoi pensieri, ci appare irraggiungibile.
Dello stesso autore, “Monna Vanna”, sensualmente ritratta con sontuosi abiti e i bei capelli rossi sciolti sulle spalle.

Aurelia e Monna Vanna
Aurelia e Monna Vanna

Tra i più simpatici, anche se non ne apprezzo il titolo, l’acquerello su carta “Cattivo soggetto” di Ford Madox Brown, 1917, che ritrae una scolara che si apprestava ad eseguire un compito con fare svogliato, mordicchiando una mela. Dal 1870 l’istruzione era stata resa obbligatoria, ma certamente non era apprezzata da tutti i ragazzini!

cattivo soggetto

Ed ecco le “Lezioni di scrittura” in cui un’orfanella aiuta l’amico ad imparare a scrivere, mentre si occupa di rammendo nella casa dell’antiquario. Quanta pazienza traspare dallo sguardo della ragazzina e quanto sforzo si immagina nei tentativi maldestri dello studente!

Auspico che l’esposizione prosegua il suo viaggio in altre città italiane, con tutta la ricchezza dei suoi capolavori..

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