Meriggiare pallido e assorto

Rubo il titolo di una celebre poesia di Eugenio Montale per raccontare questi giorni d’estate. Mi sembra che li rappresenti così bene! Mi fanno ricordare i pomeriggi della mia infanzia, passati spesso da sola nel cortile assolato, seduta a volte in un triangolo d’ombra ad accarezzare la gatta che sonnecchiava tranquilla. O nell’orto ad inseguire con lo sguardo file di formiche e voli di farfalle, o a cercare di far posare sul dito immobile puntato verso il cielo un “pistapistùn”, una libellula dalle ali leggere e dalla lunga, sottile coda.

Ricordo principalmente la sensazione di calma, di nulla da fare se non seguire la natura. Direi quasi di noia, ma si annoiano i bambini? Forse ero semplicemente lì, senza particolari pensieri, ad aspettare qualcosa da fare, che arrivasse un’amica per giocare insieme, o che la mamma o la zia avessero un po’ di tempo da dedicarmi.

L’atmosfera rarefatta di un pomeriggio d’estate in uno dei dipinti di Van Gogh

Faceva caldo, a luglio, già un po’ meno ad agosto, e l’afa non era così opprimente. Ci voleva spesso una maglietta sulle spalle verso sera per stare bene.
Era tempo di vacanze, di ginocchia sbucciate, di serate all’aperto nel cortile di quel piccolo grumo di case.

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Anche adesso, quando sono a casa da sola in questi pomeriggi infuocati, molto più caldi ed afosi di allora, rivivo un po’ quella sensazione di attesa. Mi piace stare tranquilla sul terrazzo in ombra, a leggere, a progettare, a ricordare… E intanto il tempo passa, ed è già sera.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
              EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia (Torino, Gobetti Editore 1925).

Intanto cerco di far sì che la vita non sia un seguire una muraglia ricoperta da cocci di bottiglia. E passati i momenti di stanchezza per il troppo caldo, vado per prati e boschi a cercare le meraviglie che ancora la bella stagione ci può donare…

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